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Parco verde

SALUTE UMANA E SALUTE AMBIENTALE SONO COMPATIBILI?

 

A cura di Pierangela Fiammetta Piras

Considerare la natura come una “pillola”, separata dall’umanità ma applicata secondo necessità, è miope. 

 

Le prescrizioni e le raccomandazioni verdi sulla frequenza e la durata dell’esposizione alla natura sono considerate utili per la salute umana, ma sono utili, o almeno benigne, anche per la Natura?

Purtroppo no.

Il numero crescente di persone che accedono agli spazi verdi solo per benefici per la salute, insieme alla promozione di requisiti legati alla salute (compreso l’esercizio fisico) minaccia la biodiversità e l’integrità degli ecosistemi.

Questo perché gli spazi verdi vengono inevitabilmente modificati per accogliere l’uso umano, ad esempio

  • sentieristica estesa e ampliata

  • grandi aree pianeggianti (ad esempio prati) creati o sfruttati per attività di gruppo

  • vegetazione modificata per migliorare la percezione di sicurezza degli utenti

  • illuminazione artificiale installata per l'uso al di fuori delle ore diurne

  • esclusione o controllo di specie percepite come indesiderabili, dai grandi mammiferi a serpenti e ragni

 

Spesso le aree naturali sono valutate in base alle caratteristiche estetiche e poiché le preferenze estetiche non sempre sono in linea con l’habitat che sostiene la biodiversità, gli spazi terapeutici e ricreativi potrebbero fornire risorse solo alle specie animali e vegetali più tolleranti, che spesso non sono autoctone, mentre è probabile che le specie meno tolleranti abbandonino le aree frequentate, quelle illuminate, quando il rumore frequente interferisce con i segnali uditivi, quando i suoni sono percepiti come minacce, quando pedoni e cani interrompono la ricerca di cibo, con conseguente maggior tempo di vigilanza, spreco di energia e perdita di opportunità di foraggiamento.

Paradossalmente, dunque, gli spazi “a misura d’uomo” non sono necessariamente “a misura di fauna selvatica”.

 

Pertanto la progettazione degli spazi verdi urbani e delle aree rinaturalizzate, così come la manutenzione degli ecosistemi selvatici, verdi e blu, dovrebbero considerare una prospettiva più ampia rispetto alle caratteristiche estetiche o alla massimizzazione delle attività ricreative.

Quando livelli minimi e tipo di vegetazione sono identificati come sicuri e adeguati per migliorare il benessere umano, questi sono però insufficienti a supportare comunità con biodiversità e funzioni stabile dell’ecosistema. Gli alberi ad alto fusto e il sottobosco di arbusti, così come il legno morto in piedi e a terra, forniscono l'habitat per piccoli mammiferi, uccelli e invertebrati, ma anche per funghi, muschi e licheni, che sostengono la salute degli ecosistemi e sono altrettanto importanti generatori di servizi ecosistemici.

 

Nei centri abitati è comprensibile come, nonostante l’importante ruolo svolto dal volume della vegetazione nel sostenere la biodiversità e i servizi ecosistemici, esistano compromessi e conflitti tra la pianificazione per la biodiversità e la pianificazione per i residenti locali. Ad esempio, questi stessi habitat ricchi di biodiversità potrebbero anche presentare problemi di salute e sicurezza (come parchi bui, problemi di salute dovuti al polline, nascondigli per attività illegali). È quindi possibile che i responsabili del rinverdimento degli ambienti urbani introducano la vegetazione basandosi su un approccio di facile gestione, piuttosto che su un approccio che consideri la biodiversità locale e i servizi ecosistemici.

Ma considerare la Natura solo come un bene che fornisce benefici per la salute umana e identificando le quantità minime necessarie per ottenere benefici, rischia di banalizzare la risposta affettiva alla Natura, che dovrebbe essere ben più profonda.

Potremmo spesso ritrovarci con una versione della Natura annacquata e povera di biodiversità, peraltro con anche servizi ecosistemici compromessi. Creando una nuova linea di base di ciò che è considerato “normale” potremmo esacerbare i cambiamenti in corso verso ambienti più poveri. Il concetto di spostamento delle linee di base è pertinente a ogni generazione, in particolare dei residenti urbani che percepiscono lo stato degli ambienti che incontrano nella loro infanzia come normale, inconsapevoli delle perdite passate e della Natura impoverita e alterata della biodiversità che rimane. Paradossalmente, ciò potrebbe ridurre proporzionalmente i benefici ottenibili dalle interazioni Uomo-Natura.

Ne consegue che se i benefici in termini di benessere, pur minimi, possono essere ottenuti da spazi naturali semplicistici e altamente modificati, e questi tipi di spazi naturali diventano la nuova norma per la prossima generazione, allora ci saranno pochi incentivi a riportare gli spazi verdi a uno stato di maggiore biodiversità naturale, o anche per proteggere ciò che ancora sopravvive dal degrado.

 

RIFERIMENTI

Van Heezik, Y., & Brymer, E. (2018). Nature as a commodity: what's good for human health might not be good for ecosystem health. Frontiers in psychology, 9, 1673.

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