Riflessioni e opportunità per psicoterapeuti e altri operatori sanitari
di Grazia Sacchi
"Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce
ti insegneranno ciò che nessun Maestro ti dirà"
Così scriveva San Bernardo nel lontano XII secolo, così queste parole sono risuonate nel mio modo di vivere i boschi, le pietraie, i torrenti, la Natura; e così è stato, ho avuto e ho insegnamenti unici che si correlano con tanti altri. Tanta gratitudine a tutti questi Maestri.
E fra questi Maestri, le persone di cui mi sono presa cura in lunghi anni di pratica professionale psicoterapica, in un ascolto profondo della loro sofferenza, in uno scambio di reciproca autenticità: la sofferenza, propria o altrui, quando condivisa è un grande motore di ricerca, di evoluzione.
La Natura insegna, le persone e le loro sofferenze insegnano, ma hanno bisogno di essere ascoltate: e quindi viene da sè che si possa "portare" la sofferenza nella Natura, nella fiducia del suo unico e particolare ascolto.
"Libertà e sgroviglio della mente" sono gli aggettivi usati da una persona con disturbi emotivi al termine di un'immersione in foresta - "Un albero è riuscito a farmi scendere lacrime, non piangevo da tempo".
Ho condotto questa persona e ho fatto sì che si "bagnasse nella foresta", facilitando il bagno, senza fare altro, senza dirigere, controllare il processo dei pensieri, senza interpretare, senza, senza, senza...sapevo che potevo stare con lei e lasciar fare al bosco.
Non è fare psicoterapia nel bosco, questo è possibile e certamente molto interessante, si tratta di altro: si tratta di stare, fidarsi, lasciar essere, fornire piccole induzioni, piccoli inviti e lasciare affinchè si possa poi creare un ponte, quel ponte, fra l'essere umano e il bosco, quell'essere umano e quel bosco.
Un ponte che parte dall'utilizzo dei sensi e dalla sospensione (per quanto possibile) della mente, del flusso dei pensieri, della scimmia della mente che salta di ramo in ramo, di pensiero in altro pensiero, dal passato al futuro, bypassando tranquillamente il presente, come non esistesse.
Il bosco ci porta al presente, ci propone di stare e di immergerci, senza camminare, correre, chiacchierare...senza, senza...
Occorre tempo, soprattutto per chi non è abituato al contatto con la Natura, ed occorre anche aver compreso a fondo perchè "prescrivere verde" in ambito psicologico.
Nel campo dell'intervento psicologico è possibile distinguere tre momenti, tre macro spazi:
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psicodiagnosi (valutazione, rilevazione dei bisogni, diagnosi, prognosi, indicazioni di trattamento),
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psicoterapia,
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interventi clinici-sanitari e psicoeducativi (ospedale, comunità, riabilitazione territoriale, ecc)
Se è ormai assodato che le PV sono progettate per un bisogno di salute ben definito, il professionista psicologo clinico che si occupa di salute mentale in una visione allargata e necessaria di One Health / Salute Planetaria può considerare le immersioni come un intervento di cura all'interno dei tre spazi sopracitati.
Nella stesura di una valutazione psicodiagnostica, per quel tipo di disturbo (inquadrato in un certo stile di vita e di struttura familiare -pregressa ed attuale-, in un determinato modo di pensare e quindi di "essere-stare nel mondo"), è possibile indicare cicli di immersioni, anche in parallelo ad altre indicazioni, e allo stesso modo, nel corso di processi terapeutici o psicoeducativi in un modello integrato di cura.
Se è altrettanto assodato che la personalità è costituita da parti (non siamo un sè monolitico e rigidamente consolidato, ma un insieme di parti fra di loro a volte molto disarmoniche) e che siamo immersi in un flusso temporale di eventi, relazioni, sensazioni, dobbiamo riconoscere una storicizzazione dei bisogni che mutano nel tempo e che richiedono oggetti di soddisfacimento integrati.
Lo psicologo clinico, lo psicoterapeuta, l'educatore, possono indicare integrazioni di cure che rispondono appunto a bisogni diversi e che evocano, fanno emergere risorse, qualità interiori diverse: in un bosco, in natura, una persona normalmente trattata in studio o in una struttura farà certamente emergere emozioni differenti, contatterà diverse reazioni e risorse interiori, si "sentirà" diversamente, è inevitabile.
Un modo certemente non connotato, non connesso a contesti psicopatologici, di malattia, di psichiatrizzazione, il bosco non giudica, non usa categorie nosografiche.
Tanto materiale da portare poi in studio, in struttura, nei "soliti" ambiti di cura.
Quali i quadri clinici e i bisogni correlati più indicati nella pratica delle immersioni?
Nel considerare questo scritto come un iniziale contributo per la discussione, rimandando in seguito a risposte più approfondite, mi limito a segnalare alcuni punti:
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l'utilizzo di metafore "naturali" nel processo di cura che non si limitano ad un processo mentale, ma esperito in un rispecchiamento uomo-bosco (v. biomimesi)
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la pratica del felt sense, "sensazione sentita", relativamente a bisogni di radicamento e centratura in soggetti con struttura ansiosa-depressiva
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la consapevolezza di risorse nuove esperite in ambienti non abituali relative a stimoli biofilici specifici
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l'allargamento dello spazio (fisico e mentale) nella risoluzione di problemi e nel possedere nuove prospettive
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la differente delineazione dei confini del sé
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il contatto diretto nel ponte psiche-soma
Come sempre quando si opera in campo di salute, è indispensabile un lavoro in rete e in questo caso fra psicologo e conduttore in foresta (ruoli che possono identificarsi anche in una sola persona).
Se si vuole effettuare una PV è necessario:
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avere una condivisione profonda dell'invio, aver creato una relazione solida, essere certo che l'invio in immersione venga considerato per ciò che è, ovvero una cura (non è: andare a fare un giro che fa bene); meglio prendersi del tempo per elaborare bene la richiesta piuttosto. Tale condivisione è altresì necessaria anche con altri operatori sanitari, medici, ecc, se si opera all'interno di un'èquipe multidisciplianre
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conoscere il territorio in cui vive la persona (presenza di boschi di prossimità, loro caratteristiche, connessione con il funzionamento della persona e con i suoi bisogni emergenti)
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conoscere un conduttore con cui interfacciarsi e a cui fornire un quadro di funzionamento, richieste, obiettivi e avere poi un feedback finale, con cui fare rete e condividere il percorso, in totale chiarezza con la persona inviata
Ancora prima e a monte di tutto ciò, colui che prescrive deve aver provato, sentito, esperito in prima persona, deve essersi immerso e bagnato nella Natura, non deve "credere" che le PV sono utili, deve averlo sentito; come sempre, non posso passare ad altri ciò che non conosco profondamente e che non fa parte del mio modo d'essere, soprattutto nell'ambito della Cura dell'Anima.